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Non solo gossip. Non solo calcio mercato. Non solo fuffa. Il web può fare molto e ogni tanto ne dà una dimostrazione muscolare. E’ quanto sta accadendo in questi giorni circa il tema della giustizia fiscale che sempre più sta a cuore a noi italiani. Pagare in pochi per la furbizia di molti? Con l’hashtag #taxjustice il 7 settembre sono stati invitati tutti i blogger del paese a dire la loro proprio su questa domanda e a fare qualcosa di concreto. Tra video virali, petizioni e link, la rete ha risposto con la voce grossa. E’ confortante sia da un punto di vista etico che prettamente di web marketing. Vediamo qualcosa di più nello specifico per capire cosa s’è mosso dietro all’hastag #taxjustice.
Vi sarà capitato in queste ore di imbattervi nell’hashtag #taxjustice. L’idea è di Oxfam, un grande network internazionale di diciassette organizzazioni di paesi diversi per ottenere un maggior impatto nella lotta globale contro la povertà e l’ingiustizia. E non si può certo parlare di giustizia fiscale in Italia dove pochi onesti pagano per molti dritti. La prassi è talmente in auge da noi da rischiare di passare come costume accettabile ma uno degli scopi del web è quello di tenere sempre accese le luci della ribalta sui problemi e così, con un video virale molto carino, i ragazzi dell’iniziativa hanno tenuta alta la barra dell’attenzione. Eccolo:
Non solo. La forza propulsiva del web è notevole e passa anche dalle parole dei blogger, degli attivisti, dei giornalisti e delle voci importanti. Così il 7 settembre scorso lo staff di Oxfam, ha indetto la giornata della #taxjustice in cui ha invitato tutti questi soggetti a pubblicare le loro riflessioni sul perché la giustizia fiscale sia importante, cosa possono fare i cittadini, qual è il ruolo dei governi, come funzionano elusione ed evasione fiscale e qual è il vero prezzo che paghiamo. Sono venute fuori testimonianze di grande spessore. L’intera lista legata a #taxjustice la trovate qua ma riportiamo qua sotto un paio meritevoli della vostra immediata attenzione:
1) Giustizia fiscale: se fosse anche una questione di genere?
Da tempo, attivisti e campaigner di tutto il mondo impegnati nella lotta per la giustizia fiscale, sostenuti dai rapporti di note organizzazioni come Oxfam, denunciano le tragiche conseguenze del ricorso ai paradisi fiscali da parte di grandi nomi dell’economia internazionale e non solo. L’ultimo scandalo dei Panama Papers fornisce, come se ce ne fosse stato bisogno, un’ulteriore prova dell’elusione fiscale globale e del suo impatto su diritti umani e disuguaglianza economica, soprattutto nei paesi del Sud del mondo, senza dubbio i più colpiti. Ma ad aggravarsi sono anche altre forme di disuguaglianza, prima fra tutte quella di genere: le donne restano la parte più svantaggiata della popolazione, costituiscono la maggioranza tra i poveri, nonché le prime fra i beneficiari dei servizi sociali di base che vengono ridotti per mancanza di risorse disponibili. I molti “nascondigli” dei potenti del mondo, e la conseguente carenza di fondi pubblici, finiscono per minacciare il diritto delle donne di accedere, tra le altre cose, all’istruzione, a cure sanitarie di base e a programmi di tutela contro la discriminazione di genere. Quel che è più grave è che ad essere minacciata è anche l’efficacia dei fondi di organizzazioni internazionali stanziati per garantire gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, dimenticandosi forse che tra questi vi sono anche le questioni della disuguaglianza e della disparità tra uomo e donna. I leader mondiali devono urgentemente dare priorità ai diritti delle donne e alla giustizia economica: eliminando qualsiasi sistema che permetta ai più ricchi di sfuggire agli obblighi fiscali e costringendoli a pagare laddove devono, si potrebbero recuperare importanti risorse per altrettanto importanti investimenti per una società meno disuguale.
Roberta, 27 anni, Catania
2) La giustizia fiscale: un affare di tutti
C’è una vaga idea, che condividevo anche io fino a poco tempo fa, che i contributi e le politiche fiscali siano argomenti troppo difficili da trattare, che debbano essere affrontati solo dagli specialisti, dagli esperti del settore e nei confronti dei quali, in fondo, possiamo fare ben poco. Poi ci prendiamo il tempo per riflettere e pensiamo a quello che possiamo anche vedere con i nostri occhi. La maggior parte di noi ragazzi è precaria. Lavoriamo, quando il lavoro riusciamo a trovarlo, ma quello che vediamo è che i redditi negli ultimi anni non sono aumentati. Diversamente è accaduto per le fasce di popolazione e delle compagnie più ricche, che oltre allo sfruttamento delle risorse e della manodopera a basso costo in paesi terzi, si arricchiscono ricorrendo a strumenti di elusione fiscale e al sistema dei paradisi fiscali. Se poi crediamo in una società giusta ed equa che travalichi i confini dello stato nazionale, e diventiamo coscienti dei fattori che si muovono a livello globale, vediamo come la garanzia di regimi fiscali agevolati e la mancanza di opportune misure di controllo nei confronti dell’evasione e dell’elusione fiscale non facciano altro che perpetrare e alimentare le disuguaglianze economiche e sociali sia all’interno di un singolo paese, che tra un paese e l’altro. Richiedere misure e politiche che garantiscano una maggiore trasparenza fiscale vuol dire difendere il diritto a un’equa distribuzione a livello mondiale del surplus di ricchezza, finanziare lo sviluppo e servizi pubblici gratuiti e di qualità in ambito sanitario, educativo e sociale. Esigere una maggiore trasparenza fiscale difende l’idea e la prassi di una crescita non più ineguale e al servizio degli interessi dei più ricchi, ma duratura, inclusiva e sostenibile.
Sara, 27 anni, Roma
E voi cosa ne pensate? Qual’è la vostra opinione in merito?